racconti nell' aia

È bello rivedersi dopo il periodo di lockdown. Lo è ancora di più con una new entry tra le cantine de La Staffetta. Siamo partiti il 13 luglio con la giovane Cantina SorRico. 

il panorama della campagna delle marche visto dalla cantina sorriso che produce bianchello del metauro e partecipa a la staffetta del bianchello

Il nome deriva dal nonno degli attuali gestori: Trento. Nome che non piaceva però alla moglie che per questo lo chiamava con il terzo nome: Enrico. Nel primo dopoguerra ha comprato la terra dove oggi sorge l’azienda. Ai tempi Enrico era il fattore del luogo, lavorava i campi e allevava animali. Il vino si faceva al centro del paese di Mondolfo. Tutti lo chiamavano “Signor Enrico”, da qui SorRico.

<<Quando noi nipoti siamo cresciuti, abbiamo riscoperto l’attaccamento alla terra di famiglia. Con la vecchia vigna di nostro nonno abbiamo iniziato a fare qualche esperimento. Per gioco – spiega Francesco –Dal 2016 abbiamo iniziato a prendere più sul serio l’attività>>. Insieme a lui ci sono la sorella Roberta ed i cugini Massimiliano e Giovanna. 

Ad oggi hanno piante di verdicchio, biancame e pinot nero che si estendono per 7 ettari totali. Dalla vigna, del nonno, che ha ormai una quarantina di anni, producono vini più importanti, dalle viti più giovani, nei pressi del lago, ricavano vini più freschi. 

la vista di san Giorgio di pesaro con il mare adriatico da sfondo un emozione che trovi solo a la staffetta del bianchello assaggiando il bianchello del metauro e il colli pesaresi

<<Abbiamo deciso di iniziare con dei vini un po' ruffiani – continua Francesco – che cercano di conquistare la grande clientela. Vini giovani che hanno mineralitá e sapidità. Da due anni abbiamo iniziato a lavorare in biologico e vorranno diventarlo totalmente. Non è facile. Infatti, in lavorazione biologica, i trattamenti sono più frequenti, ma è un progetto a cui crediamo molto>>.

La cena è stata preparata dal Comitato di Stacciola, che ha preparato le cresce per la serata. <<Una focaccia che alla vista non sembra niente di speciale, ma recupera molto bene al gusto>>. Ha spiegato il comitato. Si tratta di una tradizione lontana nel tempo. <<La nostra sagra era l’unica sulla crescia quando siamo partiti. Ora ce ne sono 31 nella regione. I primi documenti disponibili sulla preparazione di questa crescia risalgono al 1700. Il forno comunale è stato attivo fino ai primi anni '80. Le famiglie cuocevano il pane a turno. Per capire se il forno fosse caldo, mettevano a cuocere dei piccoli pezzi di impasto conditi. È nata così questa particolare pizza – continua l’affascinante racconto del comitato– Abbiamo riaperto il forno 10 anni dopo la chiusura, ed abbiamo trovato dietro il portone un biglietto con i turni. Perché chi accendeva il forno consumava più legna, l’ultimo con due fascine cuoceva tutto il pane. Così si facevano dei turni, per usare il forno a rotazione. L’8 agosto 1987 per autofinanziarsi, è stato riaperto il forno e si è data vita alla sagra della crescia di Stacciola. 100 chili di farina sono finiti il primo giorno. Ad oggi sono stati costruiti altri tre forni e vengono lavorati a mano 15 quintali di farina nell’arco dei tre giorni della sagra. È tutto fatto al momento e senza macchine. Si può vedere tutto il procedimento di lavorazione (si impastano montagne di 10 kg e se c'è fretta, anche di 15 kg). Si mangia appena sfornata. È tutto un gioco di velocità, soprattutto nel momento di toglierle dal forno, altrimenti le ultime si bruciano! La festa è il primo weekend di agosto. Causa Covid, per il 2020 la Festa salterà, ma è possibile segnarselo già in agenda per il prossimo anno>>. Un utile avvertimento per chi volesse andare alla Festa: se vedrete molta fila, non preoccupatevi! Vengono sfornate oltre 60 cresce a forno! Essendoci ora quattro forni, la fila scorre velocemente! 😉 
Per chi volesse provare a mettersi al lavoro, c’è la possibilità di iscriversi a dei corsi per la preparazione della crescia di Stacciola. Le iscrizioni sono attive nei giorni della Festa ed i corsi partono il maggio successivo. Non è solo squisita questa crescia, ma perette anche di fare del bene: infatti tutti gli introiti sono devoluti a Theleton o usati per opere del paese

la crescia matta de la stacciola assaggiata durante la staffetta del bianchello abbinata al bianchello del metauro sor Rico

È stato molto piacevole scoprire questa bella realtà sorseggiando lo spumante rosé brut “Estrosé” di SorRico. <<Un vino giovane da vigne del 2016 con note di frutta fresca piacevoli – ha spiegato Francesco – Per cercare di estrarre gli aromi usiamo giaccio secco in pressa e non facciamo una vera premitura, poiché sfruttiamo lo stesso peso degli acini. Sarebbe dovuta essere la grande sorpresa dell’estate e faremo di tutto perché lo sia davvero!>>. 

È arrivato poi il turno della “Tribolla”, lo spumante Brut della cantina. <<Il nome di questa bottiglia deriva dal lunghissimo tempo di preparazione – ha spiegato Massimiliano, cugino di Francesco – perché visto che per farlo che c'è molto da lavorare... C’è spesso anche da tribolare...>> 😉

l aia della cantina sor rico durante la staffetta del bianchello degustando bianchello del metauro

Sono poi iniziate le letture nell’aia, a cura di Claudio Tombini, che ha letto “L’aratro, la rola e l’aia”. Da anni amico de La Staffetta, Tombini ha letto e ricordato con grande affetto Sara <<che amava la campagna e le sue storie>>. Ma l’aia era anche il luogo di svago dal lavoro, di convivialità. Il posto giusto per svagarsi e fare una risata… qualche barzelletta ci è scappata 😉 

"Se il contadino mangiava la gallina, o la gallina era morta. O stava per morire il contadino". 

È stato poi il turno del Bianchello del Metauro. Dalla cantina del nonno. Il sapore è dato anche dall’aria dal mare. Prende il nome dalla strada che porta alla cantina “Vigna delle Grazie”. 

A seguire il “Viridis Versus”, il Verdicchio di SorRico. 90% verdicchio e 10% biancame. Da una giovane vigna un prodotto molto gradevole con la struttura del verdicchio, ma il profumo del bianchello. 

Con la grigliata è stato abbinato “Nepote” il vino dei quattro nipoti: Francesco, Roberta, Massimiliano e Giovanna. Sangiovese e Montepulciano in un 50%-50%. Le uve di questo vino vengono da Corinaldo, dal vigneto di un amico seguito però da SorRico nella lavorazione e nei trattamenti. <<Un vino da bere giovane con una gradazione contrasta da tannini giovani, ma mai invadenti>>.

l aratro, l’ arola, l’ aia il libro scritto anche da sara bracci raccontato nelle letture di Claudio tombini nell aia di sor Rico sorseggiando il bianchello del metauro durante la staffetta del bianchello

Si è poi visitata la cantina in piccoli gruppi e anche in questa occasione è emersa tutta la passione che Francesco e la sua famiglia mettono in questa attività.